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mercoledì 1 luglio 2009

Farrah Fawcett addio



Un altro post triste ma dovuto. Ci ha lasciati anche Farraw Fawcett. Probabilmente i più giovani nemmeno associeranno il nome al volto, ma Farrah è stata nell'immaginario collettivo la prima Charlie's Angel bionda. Era il 1979, io avevo 8 anni. In Italia usciva per la prima volta una delle serie TV americane di maggior successo Charlie's Angels e io chiaramente non perdevo una puntata. Erano tutte belle, ma lei le batteva tutte. Leggo solo ora, nelle biografie più o meno ufficiali, che il suo taglio di capelli fece storia, che la sua bellezza diventò modello. Per me rimane il fascino di una delle prime bellezze della mia infanzia ed adolescenza.
Apprendo con gran piacere che la sua vita privata è stata una vita normale, scevra di esagerazioni e spettacolarità. La sua vita di amore con Ryan O'Neal, vissuta nella normalità lontano dalle telecamere e dal gossip.
Dopo le reiterate terapie per la cura del cancro al colon, a maggio è andato in onda per la NBC un documentario sulla sua battaglia contro il cancro. E' stato un ultimo tentativo di esorcizzare la morte e mostrare, senza esibire, che la morte è parte integrante della vita, anche di chi è famoso.

Pina Bausch addio


Sul sito ufficiale di Pina Bausch e del Tanztheater Wuppertal è riportato:

Martedì 30 giugno 2009 è morta Pina Bausch, ballerina e coreografa del Tanztheater Wuppertal. L'improvvisa scomparsa solamente cinque giorni dopo la diagnosi del cancro. Domenica scorsa stava insieme alla compagnia sul palco della Wuppertal Opera House.

Quale benedizione più grande per un'artista: poter calcare le assi del palcoscenico fino all'ultimo respiro.
E' un altro giorno triste in cui tornano alla mente le grandi cose compiute da una persona che non c'è più. Non potrà più inventare cose, ma continuerà a stupirci con il suo lavoro che resta nella memoria fisica ed emozionale dei suoi ballerini.
Pina Bausch è stata uno dei coreografi che ha cambiato il modo di fare, pensare ed immaginare la danza. Pina Bausch ha accompagnato (ed il più delle volte spinto) la danza da fatto estetico a esperienza emozionale. Ha contaminato la danza con il teatro e ha dato vita a spettacoli che hanno cambiato il modo di concepire lo spettacolo.
La ricordano tutti, in particolare qui trovate gli articoli del Corriere della Sera e di Repubblica. Qui invece trovate una biografia di Wikipedia ed una veramente esaustiva, completa (e che consiglio vivamente) di Del Teatro.
Leggerete che ha avuto numerosi riconoscimenti e con la sua arte ha contaminato anche televisione e cinema. Fu molto ammirata da Almodòvar che ha inserito in Habla con ela alcuni spezzoni di suoi spettacoli. Fu chiamata da Fellini a partecipare a E la nave va.
Quest'anno al Festival dei Due Mondi di Spoleto avrebbe dovuto esserci anche lei, invece ci sarà solo la sua anima, la sua danza. Giorgio Ferrara è riuscito a prendere tre repliche di Bamboo Blues a cui il teatro Marijnsky di San Pietroburgo ha dovuto rinunciare per motivi tecnici.
Beati quelli che sono riusciti a trovare i biglietti.

lunedì 22 giugno 2009

L'ombra del vento - Carlos Ruiz Zafon

Io non sono capace a leggere un solo libro per volta. Non ce la faccio, è più forte di me. Anche quando sono alle prese con un libro che mi piace moltissimo. Non riesco a resistere alle contaminazioni e poi, diciamolo, ogni libro ha il suo momento per essere letto. Mi spiego meglio. Ora sto leggendo:
* Tito Maccio Plauto - Commedie scelte (edizione Sonzogno degli anni '20 del secolo scorso)
* Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio (lo leggo un capitolo per sera con le mie bambine)
* Albert Speer - Memorie del Terzo Reich (lo leggo a spot e grandi capitoli. Sono circa 700 pagine)
Qualche giorno fa è finito sul mio comodino per essere letto un nuovo libro. Si tratta di l'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon.



Non ci è finito perché lo abbia scelto. Me lo hanno prestato, ma attenzione: non mi è arrivato con il commento è molto bello, leggilo. Mi è arrivato tra le mani con il commento è un libro che parla di libri, leggilo. La cosa è quanto mai subdola, incerta, dubbia, e incredibilmente affascinante.
L'osservazione nasce spontanea: sono così attratto dai libri che basta dirmi che un libro parla di libri per rendermelo simpatico? La risposta è chissenefrega, se mi piace!
Poi ci sono precedenti illustri! Quanti libri parlano di libri. Più o meno tanti quanti sono i film che parlano di film.
Ve ne dico solo tre, diversi, ma talmente diversi che possono racchiudere tutti gli altri.
Il primo è un libro che parla della perdita di un libro e del suo ritrovamento ed infine della sua distruzione. Insieme parla di una biblioteca e del mondo che le gira attorno. Beh a questo punto l'avrete capito è Il nome della rosa di Umberto Eco. Un libro che avrò letto almeno quattro volte, perché mi piace il suono delle parole che vi sono scritte.
Il secondo è un libro che parla della ricerca e della distruzione dei libri. L'avrete capito: si tratta di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Un libro che mi ha fatto venire il timore che i libri possano andare perduti. Un libro che mi ha fatto venire voglia di esercitare la mia memoria e di mandare a mente un libro. Per ora non ho un libro intero, ma potete chiamarmi XXVI Inferno (ho nella testa, disponibile ogni volta che volete, il canto XXVI dell'Inferno di Dante, quello di Ulisse e Diomede).
Il terzo è un libro che parla dello scrittore, dei suoi libri e dei suoi personaggi. E' un libro sul doppio, e sul doppio che fa paura. E' La metà oscura di Stephen King. Un libro che fa capire con la pelle d'oca che la parola scritta ha una forza che va oltre lo scrittore. Con la parola scritta bisogna fare in conti.

Ora inizio questo nuovo libro, con molte aspettative che spero non saranno deluse. Ho appena cominciato e francamente ancora non ho capito se è un buon libro oppure no (ma sono solo al secondo capitolo). Diciamo che vi farò sapere. Un po' come si dice ai provini e ai casting.

P.S. Cercherò di scoprire se sulla scia di Bradbury c'è qualcuno che impara a memoria i libri. Vi farò sapere in un altro post.

giovedì 18 giugno 2009

Questione di (unità di) misura

Il titolo è accattivante ma il post è serio. Lo devo ammettere mi piacciono i musical, quelli veri, quelli che girano per Broadway. Se fino ad una quindicina di anni fa (senza internet) potevo solo affidarmi ai giornali (che non ne danno notizia) e ai parenti d'oltreoceano (per lettera o per rare telefonate), ora posso tranquillamente seguire notizie e raggiungere musica e video. Vi parlerò di alcuni musical, oggi di uno in particolare.



Un musical che girava per Broadway e da cui è stato anche tratto un film nel 2005 è Rent ovvero affitto e parla di un gruppo di neo-bohemien newyorkesi alcuni sieropositivi, alcuni gay, alcune lesbiche, tutti o quasi artisti. La storia si svolge tra un capodanno ed il successivo per fare un bilancio. Il musical è molto bello ed il film altrettanto. Molti testi sono interessanti ed in particolare quello della canzone season of love, che letteralmente dice:

525,600 minutes, 525,000 moments so dear.
525,600 minutes, how do you measure, measure a year?
In daylights, in sunsets, in midnights, in cups of coffee.
In inches, in miles, in laughter, in strife.
In 525,600 minutes, how do you measure a year in the life?
How about love? How about love? How about love? Measure in love. Seasons of love.

525,600 minutes! 525,000 journeys to plan.
525,600 minutes, how can you measure the life of a woman or man?
In truths that she learned, or in times that he cried.
In bridges he burned, or the way that she died.

It's time now to sing out, tho the story never ends let's celebrate remember a year in the life of friends.
Remember the love! Remember the love!
Measure in love. Seasons of love! Seasons of love.



E qui veniamo al titolo del post: con che metro misuriamo il nostro tempo? La domanda la lascio aperta. La trovo magnificamente interessante.
A presto.

lunedì 11 maggio 2009

Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?

Non pensate subito al bardo, autore del Romeo e Giulietta (anzi del Romeo and Juliet), il Romeo del titolo altri non è che il gatto randagio degli Aristogatti.
Eh sì, vi voglio parlare di Gli Aristogatti o meglio di The Aristocats, film di animazione della Disney del 1970, e di come siamo cresciuti con quei personaggi negli occhi ed i loro nomi nelle orecchie. Se però dovessimo, tanto per sfizio, provare a guardare il film nella sua versione originale avremmo una bella sorpresa. Solo pochi personaggi mantengono invariato il loro nome, o meglio, solo alcuni personaggi hanno mantenuto il loro nome originale nella versione italiana. Duchessa ad esempio, la gatta bianca nell'originale si chiamava appunto Duchess (d'altronde è francese!). I suoi tre cuccioli invece nell'originale si chiamavano Marie, Berlioz e Toulouse (in italiano Minou, Bizet e Matisse). Ora parliamone... Marie era un tributo a Maria Callas (la padrone era una ex cantante d'opera) e mi chiedo perché cambiarla in Minou. Berlioz è un compositore come Bizet e Toulouse è un pittore come Matisse dunque perché cambiarli? Ma andiamo avanti: il topo della storia nella versione italiana si chiama Groviera, mentre nell'originale risponde al nome Roquefort. Considerato che il topo in questione è francese tanto valeva lasciargli il nome di un formaggio francese, non vi pare? Ma non è finita (e qui veniamo al titolo) Romeo, er mejo der Colosseo, nella versione originale non è un latin lover capitolino, ma un gatto dal sangue irlandese di nome Abraham de Lacy Giuseppe Casey Thomas O'Malley!


Quindi non
Io so' Romeo, er mejo der Colosseo
ma
Thomas O'Malley, O'Malley the alley cat
(ovvero il gatto del vicolo)
Ora tenetevi che arriva il gran finale e c'è da ridere! Avrete tutti in mante la canzone che dice "Tutti quanti voglion fare Jazz"? Beh l'originale canta "Everybody wants to be a cat"! Un po' diverso, no?



Una considerazione: l'abitudine (o pigrizia) italiana di doppiare i film stranieri ha negli anni da un lato formato un gruppo di grandi attori-doppiatori, dall'altro impoverito di contenuti i film. Qui si tratta di un cartone animato che è già "doppiato" nell'originale. (Guardando un film doppiato possiamo solamente fare considerazioni sull'espressività degli attori, la loro recitazione non l'abbiamo mai sentita!)
Una precisazione: non tutte le ciambelle vengono senza il buco! Nella Carica dei 101, ad esempio, l'originale Cruella De Vil (Cruel Devil) è sostituito in maniera efficace da Crudelia De Mon.

Finisco con una meraviglia: Topolino, l'originale Micky Mouse (che si legge Maichi Maus e non Michi) e cioè Topo Michele, in Spagna è tradotto più giustamente, ma anche in maniera che a noi sembra esilerante, Raton Miguelito!

mercoledì 18 febbraio 2009

La casa dalle finestre che ridono

Dopo tanta attesa sono finalmente riuscito a vedere un film speciale: la casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati. Il film racconta di un restauratore che viene chiamato per restaurare un affresco fatto da un pittore morto suicida. Accadono però strane cose nel paesino del ferrarese teatro della vicenda. Quando anche la morte fa la sua comparsa, il reastauratore comincia ad indagare incuriosito e porta a galla, per la gioia dello spettatore, tutto il marcio che giace sotto la maschera borghese dei cittadini del luogo.
credits: movieplayer.it
Il film è straordinario, uscito nelle sale nel lontano 1976, conserva tutto lo smalto e la brillantezza di allora. E' di un anno posteriore a Profondo rosso di Dario Argento, ma ricorda di più i primi film del grande Dario. I ritmi somigliano a quelli di L'uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code, anche se Avati ha ambientazioni più noir, cupe, quasi introspettive. L'uso della macchina da presa è molto interessante ed il montaggio alterna primissimi piani di mani, tasche ed oggetti a riprese in medio campo dello straordinario Lino Capolicchio. Un film elegante, misurato, esteticamente ricercato, affascinante.
Nonostante 20 anni lo separino dall'Arcano incantatore c'è un sottile filo che unisce i due films; un filo fatto di mistero, di non detto, di persone che non sono quello che sembrano, di ineluttabilità degli eventi.
 
artefice